Erano ancora gli anni del dopoguerra. Ubriachi di libertà. Di pace. Quando nelle strade e nei cortili si ballava lo swing di Natalino Otto e della fisarmonica di Gorni Kramer. Con la musica di Glenn Miller, Moonlight serenade, le sigarette Lucky Strike, arrivano le pin-up. Prima create dalle matite e dai pennelli di abili disegnatori. Poi, come fotografie da appendere al muro…in fondo è questo il significato letterale di pin-up. E calendari come quello di Norma Jeane, ancora non Marilyn Monroe, che vendette 8 milioni di copie.
Nel 1953 nasce Playboy, con quelle playmate strabordanti del triplo paginone centrale. Equivalente biondo e americano di quello che in Italia furono definite le maggiorate. Silvana Mangano in pantaloncini e maglietta da mondina. Yvonne Sanson, Gina Lollobrigida e Sofia Loren in sottovesti di rasatello nero. Marisa Allasio e Rossana Podestà in magliette aderentissime. Sono gli anni in cui trionfano la linea curva. La forma morbida e arrotondata anche nel design. Basta pensare alla Vespa, alla Lambretta, alle meravigliose carrozzerie proposte da Pininfarina. In un’Italia che scopre il gusto della mobilità. La moda, che con l’affermazione di Christian Dior ha ritrovato il piacere della gonna abbondante e della vita sottile, propone forme a uovo, a boccia di rosa, a ombrello, sostenute da sottogonne che arricchiscono il volume. Perché non c’è piacere più grande dell’abbondanza, dopo le miserie della guerra.
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